Un giorno di Settembre, quando ero ragazzina, mia madre venne nella mia stanza in mansarda per farmi un dono. Sul palmo della sua mano c’era una scatolina piccina. Presi la scatolina con titubanza. La aprii. Dentro c’era una cosa strana: una piuma piccolissima, corta e larga, tutta rossa, RossoLava, RossoSangue, RossoVitaPura. La sfiorai. Quel lievissimo tocco smosse qualcosa nel ventre e sentii una veloce contorsione delle budella. Spalancai gli occhi spaventati e disorientati. Si spalancavano sulla Vita per la prima volta e gridavano per me una domanda: “cos’è?”. Mia madre disse che quella piuma così piccina, così delicata era preziosissima. Era stata la sua, e di sua madre prima di lei, ma ora era il mio turno di possederla. Proveniva da un Pettirosso.
I Pettirossi sono piccolissimi, non pesano più di 20 grammi, meno di quello che alcuni chiamano “anima”. E anima significa letteralmente: “respiro”. Quindi quella preziosissima piuma pesa meno del mio respiro. E se respiro vivo. Quindi quella piuma pesa meno della mia Vita. O quanto la mia Vita. “Quindi, questa piuma, è la mia Vita” mi dissi.
La dovevo custodire gelosamente. La dovevo aprire una volta al mese. Non mi avrebbe dato quel dolore al ventre. Non sempre. Dovevo guardarla e comprendere cosa significava vivere. Quale privilegio fosse. Questa piuma mi avrebbe aiutata a rimanere serena per davvero. Ma c’era una regola sola: per ammirare la piuma dovevo stare tranquilla, dovevo stare bene, dovevo essere responsabile, dovevo comprenderne il potenziale. Solo allora avrei potuto usarla come moneta. Avrei potuto guadagnare qualcosa di inestimabile usandola come valuta.
E invece la smarrii subito. La piuma era preziosa. La scatolina, molto piccola. Per quanto ci tenessi, semplicemente la persi. Forse lo feci inconsciamente perchè non mi credevo all’altezza di un simile tesoro. Forse la piuma non voleva rimanere mia perchè sapeva che non avrei saputo gestirla. Chissà. Ma la persi. Per tanto tempo. Mesi. Anni.
Un giorno di Ottobre ritrovai la scatolina durante un trasloco. Me l’ero portata dietro e non me ne ero neanche accorta. La trovò Lui. Gliela strappai dalle mani, e ora che ero donna, decisi di usarla subito come moneta. Ora o mai più mi dissi. Mesi più tardi diventai Madre. Quella piuma era davvero preziosa.
Ma la smarrii nuovamente. La persi quasi subito. Mi ricapitò tra le mani per qualche tempo, ma mi dava noia. Non potevo usarla come moneta. Era inutile. Avevo poi ben altro a cui pensare. La casa era un tale caos. Non sapevo più dove fossero le cose. Aprivo l’armadio e ci trovavo piatti e bicchieri. In bagno c’erano i libri. In cucina c’erano le coperte e le lenzuola. In frigo c’era l’aspirapolvere. Nella lavatrice abitava un pesce rosso sul fondo del cestello. La piuma mi scivolò via tra le dita scheletriche. Mi trovavo sempre al centro del mio caos, peso spostato su una gamba, una mano sul fianco e l’altra mano a reggermi il volto, con la fronte corrucciata, accartocciata nello sforzo che tentare di ricordare dove avessi messo le cose richiedeva. La piuma…
E poi, in silenzio, qualcuno entra dalla porta, senza dire nulla, dietro di me, sposta cose, inizia a dare un ordine, un senso alle cose intorno a me. Spostiamo, aggiustiamo, scopriamo, raddrizziamo, liberiamo, spolveriamo, apriamo la finestra, facciamo entrare luce. Massì, ora ricordo dove sono. Ora ricordo chi sono.
La vedi tu per primo quella piuma. Il pettirosso è coraggioso. E’ amichevole. Mi ricordi che la sono anch’io. Mi ricordi che è mio pieno diritto riavere quella piuma che tu hai ritrovato per me. Mi ricordi che ora più che mai potrò usarla bene. Me la porgi sul palmo della mano. La prendo. La accetto. Titubante prima, sorridente poi.
E’ mia. Sì, è mia.
Grazie.
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