“Ogni cosa mi è lecita; ma non ogni cosa è vantaggiosa.”
A volte parlo troppo. E’ difficile dosare la quantità di forza da usare quando scolpisci e non l’hai fatto da tanto tempo.
All’inizio si usano forse martello e scalpello. Bisogna tirare fuori una vaga forma da quel blocco di granito sordo. Dare la prima martellata è la cosa più difficile. Vuoi. Lo vuoi tanto ma il braccio pesa, non si muove, non si alza a impugnare il martello. Poi, con fatica, ci si violenta e si prende in mano. Si sente l’impugnatura fredda, ci si abitua, la si stringe fino a sentire sudore nel palmo della mano, calore, bruciore. E poi dopo un secondo a mezz’aria la mano sferra il primo colpo. E resti attonito a guardare cos’hai fatto: quel primo pezzo di pietra, seppur dura, è stato spezzato. E’ lì per terra. Ti guarda. Ti chiede perchè. E poi ti ringrazia.
Così continui. Non senti più la fatica, non senti il dolore ai muscoli che non sono abituati a sforzi simili. Bruciano i polmoni e si secca la gola con tutta quella polvere nell’aria. Ma quanto è bella la forma che stai liberando, che si sta plasmando, quell’embrione di serenità, di sorrisi, di pace tanto meravigliosa quanto effimera.
L’adrenalina è in circolo. Ti ubriachi quasi a guardarla questa scultura. Ma l’hai fatto tu quell’incantevole casino lì per terra?
E ora arriva la parte più difficile.
Questa forma va tenuta sotto controllo. Devi imparare a usare il compasso e a fidarti del tuo occhio. Ora devi usare la raspa. Appoggia il martello. Con delicatezza ora, devi curare i particolari. Devi imparare a levigare. Devi capire cosa deve restare in superficie e cosa sarà bene lasciare accennato o addirittura taciuto.
E questo, tu, non lo sai fare. Quella scultura la vuoi vedere più di ogni altra cosa al mondo. Ma hai paura di commettere un’imperdonabile errore, un’errore irreparabile con quella raspa in mano. Non l’hai mai usata. Per lo meno non per una scultura talmente bella. Perchè sei sicura che nessun altro blocco di granito possa contenere un sogno simile. Lo sai.
E quindi?
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