5 del mattino.
Stesso posto.
Stessa posizione.
Ma è tutto un esercizio. La mente se ne frega.
Una volta questa "cosa" poteva sconquassarmi il petto di dolore, poi scopro che, no.
Non ha più senso, anzi, è solo una piccola noiosa formalità.
Come quando dovevo spegnere la luce. E via. Tanto ora finisce. Tanto ora finisci.
Tanto ora mi giro di là. Tanto ora mi lavo.
Lavo via tutto dal di dentro.
Mi guardo allo specchio e tu mi vedi uguale.
E pensare che potresti leggere così tanto in quel leggero gonfiore delle palpebre e la tonalità leggermente più scura dei miei occhi.
Ma so che non lo farai.
E io non ho più "qualcosa". Non so se fosse un qualcosa che valesse la pena tenere, ma era mio.
E io non ho così tante cose che siano mie. Anche se le vorrei.
E magari un giorno mi alzerò e le prenderò.
Ma prima occorre un respiro profondo.
Profondo come il buco che si apre sotto la pianta dei miei piedi ogni volta che mi ritrovo qui alle 5 del mattino.
Sola.
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