Non scrivo da tanto tempo.
Non perchè non abbia niente da dire.
Ma a volte, ho talmente tanto casino interno, così tante voci, che la cosa più facile è semplicemente cercare di zittirle ascoltando musica ogni volta in cui mi ritrovo sola con me stessa.
Gestirle, zittirle, farle parlare una alla volta per ascoltarle e possibilmente comprenderle e indirizzarle nella direzione giusta, richiederebbe troppe energie.
Così faccio tacere il tutto. Musica nelle orecchie ogni volta in cui sono sola e potrei essere loro facile preda.
E' inevitabile che qualcuna mi faccia soffrire perchè urla più delle altre. Inevitabile che qualche casino interno salga su, su, fino a farsi intravedere negli occhi.
E così oscillo tra una lacrima faticosa seduta con le ginocchia al petto sul pavimento del bagno, e un nervosismo soppresso e tenuto a malapena sotto al pelo dell'acqua, spingendo giù con una mano per farlo morire asfissiato.
Poco importa.
E poi, a volte, la sera, c'è sempre un bicchiere di qualcosa. E tutto improvvisamente si ammorbidisce.
I visi intorno a me. Il mio. La pietra nella pancia che pesa e non mi lascia correre via. E il buco nero tra cuore e polmoni si illumina di piccole lucciole. Tanto belle. Risplendono lì sull'abisso. Non sanno neanche loro che miracolo riescono a fare.
Così taccio.
Ascolto. Persino il silenzio nero e spugnoso nella mia testa suona bello a volte.
Forse, ora, potrei ricominciare a dire qualcosa.
Questa era una delle foto esposte nella mia prima mostra.
"A questo cumulo di nervi, sangue e carne,
stringo forte questo vuoto.
Io che sono una costellazione in continuo movimento.
Sopra di te.
Mi ci aggrappo a questo buio di velluto,
così bello da toccare, da assaggiare.
E verremo inghiottiti così, fra le coperte."
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