Vorrei dire tante cose.
Ma faccio fatica a mettere in fila una frase.
E vorrei piangere tanto, proprio con i lacrimoni e il singhiozzo e il moccico e ridurre il fazzoletto di carta in tanti filetti pelucchiosi che si appiccicano da tutte le parti.
Ma niente. Tachicardia, respiro corto e una lacrima arida, oleosa, salatissima che fatica a venire giù, pesantissima, lentissima, carica del peso di troppe angosce, reali o presunte tali, giustificate e non.
Scrivo e cancello. Scrivo e cancello. Fotografo e cancello. Inizio un lavoro e poi rimango ferma a fissare qualcosa. Guido e non vedo. Mangio e non sento sapore. Bevo e non mi rilasso. Dormo ma non riposo. Penso ma non arrivo ad una conclusione. Sono seduta e mi devo alzare. Mi trucco e non mi piaccio. Mi vesto carina e mi faccio schifo. Mi guardano e vorrei sussurrare loro che sono una malsana portatrice di buchi neri da ingoiare, lasciate perdere. Rimbocco le coperte a mia figlia, la guardo mentre dorme e voglio scusarmi. Per tutto quello che sono e per tutto quello che non sono.
Sono irrequieta. E il silenzio mi urla nelle orecchie troppe verità che non sono pronta ad affrontare.
E quelle ombre violacee sotto agli occhi bisbigliano di bersagli mancati e rallentamenti spugnosi.
E quelle ombre violacee sotto agli occhi bisbigliano di bersagli mancati e rallentamenti spugnosi.
E il Sole là fuori.
Temo che stavolta non mi asciugherà. Non ancora.
Temo che stavolta resterò bagnata.
Ancora per un po’.
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