IO ALLA FINE NON SO COSA SIA UNA BELLA FOTO.SO SOLO CHE VEDO COSE E LE DEVO FERMARE.E CHE A VOLTE HO QUALCOSA DA DIRE.ALTRE VOLTE, NO.
6.10.11
"Il Libraio di Kabul" di Asne Seierstad.
La Seierstad, giovane giornalista norvegese, si mette il burka e vive con una famiglia Afgana per un anno intero e scrive com'è la vita quotidiana per loro ma soprattutto per le donne di famiglia, per le due mogli, per la madre, e per le figlie.
Una piccola finestra su un mondo così diverso dal nostro, fatto di rinunce, sottomissione, cerimoniali.
Un mondo dominato da uomini e fatto per uomini, dove le donne danno tanto e ricevono pochissimo o nulla, dove camminare al mercato sotto ad un burka è un impresa, fa caldo, si suda, e non si vede bene, dove a volte l'unica consolazione è mangiare delle mandorle glassate alla luce di una lampada a petrolio la sera.
La lettura a volte è rapida e fornisce fatti in maniera schematica e veloce come una cronaca, a volte la Seierstad inventa conversazioni e si lascia andare ad una prosa un po' blanda e poco stimolante.
Comunque, il libro si legge bene, è altamente informativo e soprattutto mi sono sentita trasportata lì, in quella casa spoglia e sovraffollata, impregnata dell'odore delle cipolle e del cumino, seduta per terra a tavola con la famiglia su tappeti polverosi e ruvidi, o fuori sotto un cielo così blu da sembrare pesante come un oceano, con un caldo opprimente, tra macchine scassate, passanti barbuti e sdentati, vecchietti scalzi e smunti, bimbi sporchi e rumorosi dai grandi occhi color liquirizia, rari alberi rinsecchiti e donne meravigliose, che nascondono mondi preziosi e unici come costellazioni, con gli stessi sogni e speranze che abbiamo tutte noi.
E ciò, è stato bello.
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