IO ALLA FINE NON SO COSA SIA UNA BELLA FOTO.SO SOLO CHE VEDO COSE E LE DEVO FERMARE.E CHE A VOLTE HO QUALCOSA DA DIRE.ALTRE VOLTE, NO.


31.12.11

Cercando di tenere fede alla mia promessa di essere coraggiosa e osare, ho fatto questa foto stamattina appena ho visto la cucina.
Questa spiega bene come sono cambiata, e come mi meraviglio e mi spavento di me in egual misura.
Niente letto presto, latte caldo e lasciare la cucina pulita ieri sera. Oh, no.
Bevute in compagnia, risate a non finire (c'è anche la prova fotografica qui sotto anche se Cristian sembra tutto tranne che divertito) e chiaramente fame divoratrice una volta rientrata.
E' che stamattina, non mi sono immediatamente ricordata cosa avessi fatto. Ci ho dovuto pensare un'attimo: pancakes! Mi era venuta voglia di pancakes per assorbire e credo che sia stato in quel frangente che ho scritto roba su Twitter su maschi incapaci di apprezzarmi quando "leggermente alterata".

"Heaven has no rage like love to hatred turned
Nor hell a fury like a woman scorned."
William Congreve





Ieri ho riguardato tutto il mio blog.
E' cambiato molto da quando l'ho iniziato.
Questo perchè quando ho iniziato nel Dicembre del 2009 ero una persona molto diversa.
La mia vita si è capovolta da allora, alcune mie fragilità hanno nomi diversi ora, altre si sono solo mascherate, ma ho anche affilato denti e unghie sotto altri aspetti.
Quindi, come il metallo si tempra quando esposto alle fiamme, così i miei occhi hanno perso certe scaglie e si sono aperti su cose nuove, colori nuovi, forme nuove, soggetti nuovi.
E' ovvio, e spero, che questo si rifletta nella fotografia.
Due anni fa tendevo a fotografare ciò che mi piaceva, ciò che mi coccolava, ciò che mi faceva sentire sicura e mi dava un senso di protezione.
Ora, ho bisogno di comunicare cose che non sono sempre esprimibile a parole. Almeno non per me. Come cantano gli Esterina, io troppo spesso, ho una "lingua di silenzio".
E ci sono tante paure, mi sembra di camminare su una fune come un equilibrista molto spesso, mi scopro ad avere reazioni sconosciute. Alcune mi meravigliano, mi elettrizzano, altre mi lasciano interdetta, addirittura minacciata.
Ho bisogno di stimoli costanti, il bisogno è spesso così impellente da farmi male.
E ho bisogno di sentire. Molto. Tanto. In un modo che non ho mai provato prima.
Sono assetata di vita.
E dopo aver giocato e scherzato con il mio lato autodistruttivo per mesi e mesi, ammettere una cosa del genere, per me, è una cosa grossa. Una cosa bella.
Questo perchè sono circondata da poche persone, ma belle, stupende.
Ma quella è un'altra storia.
Il punto è che il mio blog mi ha annoiata, e parecchio.
Guardando in giro ho scoperto una fotografa: Nadira Zakariya.
Sono rimasta incantata. Le sue foto sembrano arrivare dritte dai suoi occhi, non dalla macchina. E i colori, così succosi.
Mi ha ispirata. E mi ha ricordata che io non sto fotografando quello che dovrei.
Che devo prendere un'altra direzione.
Devo avere il coraggio di farlo.




Questa è una foto che non riesco a smettere di guardare. E' di Kristie Muller, che tra l'altro scatta solo su pellicola, non sa usare Photoshop e non le interessa. E' la mia nuova eroina.
Cose così, per me, "sono fatte della stessa materia di cui sono fatti i sogni".

Guardate un po'.

Su Twitter ho conosciuto Marco Archetti.
Ho letto tutti i suoi libri e di alcuni ho anche scritto qui.
Lo rispetto come scrittore. Mi piace molto la sua voce. Dei suoi libri ricordo i profumi, e il linguaggio così fluido, preciso, ironico.
Su Twitter ho modo di "sentirlo parlare" ogni giorno. Condivide ciò che legge con noi e grazie ai suoi consigli il mio orizzonte letterario si è aperto molto.
La scorsa settimana ha scritto che avrebbe regalato una copia in più che aveva de "Lo Straniero" di Camus a chi rispondeva prima.
Bhe, ho vinto io. E Marco, mi ha regalato il suo libro vissuto, sfogliato, che si è portato appresso attraverso vari traslochi.
Mi ha fatto davvero piacere.
Lo ringrazio tanto, di cuore.
Eccolo, il libro, ed eccomi. Eccoci.

28.12.11

So che ci sono tanti blog inutili in giro.
Il mio è uno di quelli.
Perchè continuare a leggere? Non c'è un motivo.
Ma il blog c'è. L'ho iniziato perchè avevo voglia di comunicare.
Bla bla bla, la solita cosa che si dice.
Comunicare non è una cosa che mi riesce molto bene nella vita di tutti i giorni. Faccio molta fatica a spiegare le mie emozioni. In quanto donna mi dicono che dovrebbe essere piuttosto facile, ma non lo è.
Riesco ad aprirmi sul serio con pochissime persone.
E quando lo faccio, non sempre riesco a guardarle dritte negli occhi.
Che poi, a dirla tutta, perchè dovrei necessariamente comunicare con gli altri? Potrei anche tenermi tutto dentro.
Ma non mi sembra molto rispettoso e considerevole verso che mi sta intorno e deve vedere questa mia faccia tutti i giorni, o verso chi dipende da me, ancora peggio...
Comunque, ero stanca di tenere un diario. L'ho fatto per anni. Non un diario vero, ma ho sempre appuntato pensieri, idee, progetti, desideri. Cose così. E visto che la mia memoria non è delle migliori, scrivere è sempre sembrata la cosa più furba da fare. Per non dimenticare. Non che tanti di quegli scarabocchi meritino di essere ricordati o letti, ma sono pezzi di me mi dico.
Poi è arrivata la fotografia. E ho capito che erano le immagini, i colori, o l'asssenza di essi, le linee, le atmosfere che scandivano ancora di più come stavo. E senza dover aprir bocca. Perfetto.
Mi sono fatta questa foto (che di per sè non è niente di che) in un momento nel quale ero estremamente vulnerabile, impotente, ferita, stremata fisicamente, psicologicamente ed emotivamente, ma ancora decisa a combattere, anche se debolmente.
In questo punto stavo così male che ho letteralmente gridato a Dio per favore di darmi una tregua.
Quel momento è passato.
L'ho superato.
Grazie alla mia volontà di farcela e all'amore incondizionato che alcuni mi hanno fatto sentire.
Quando mi sento sola, abbandonata, incasinata, sbagliata, guardo questa foto.
So che sono stata peggio, ma è passato.
Così oggi guardo la me che era giù in trincea a capo chino e il fucile puntato, anche se sanguinolenta.
E so che anche oggi passerà.
E vi faccio vedere la foto.


27.12.11

E quando "la fotografa" si commosse per il dono di un fiore.
Un bellissimo ricordo.

Questa foto se l'è fatta mia figlia. Un'autoritratto.
Mi piace perchè questa è la parte del suo corpo che è uscita per prima da me.
Il suo piede sinistro.

26.12.11

Simba sa come rilassarsi.


La mia nonna.




Quando sono nata, mia madre era molto giovane, così mia nonna è stata molto presente durante la mia crescita.
Per me non c'era distinzione tra mia madre e mia nonna. Credevo di avere due mamme. Credevo che tutte le bimbe avessere due mamme.

Qualche anno fa alla nonna fu diagnosticata la demenza senile.
Quella cara nonna/mamma se ne sta lentamente andando. Ogni giorno di più.
Ora c'è questa nonna a volte sorridente a volte con lo sguardo disorientato, che sta diventando sempre più come una bimba.
E' ora il nostro turno di curarla, accudirla e amarla come lei ha sempre fatto con noi.

13.12.11

Kutiman - Light up

Kutiman è un artista Israeliano che suona fin da piccolo.
A 18 anni si allontana un po' dal jazz per esplorare nuove sonorità. Arriva a collaborare con Stephen e Demien Marley.
Oggi fa musica raggae, elettronica, rock.
La canzone mi è piaciuta molto.
E il video è davvero bello.
Bella scoperta.

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A volte ci si incastra proprio così.
Rampicanti a bloccare qualsiasi movimento.
Ci si ferma.
Staticità pura.
Dentro un ticchettio c'è anche, ma è talmente flebile che non si riesce ad avanzare di un solo maledetto millimetro.
E nessuno intorno a noi sembra sentirlo.
Eppure c'è così tanta energia in quel motore, a dispetto delle apparenze.
Ci vorrebbe qualcuno che passando di lì pensi: "Forse questa va ancora. Se la libero, la pulisco e la curo un po' magari parte. Magari nel garage ho ancora la chiave giusta. Magari questa poi corre anche."
E così ci prova. La chiave giusta ce l'ha. Ci dedica il suo tempo. Con impegno e affetto. E soprattutto fiducia che in quel motore ci sia ancora energia dinamica.
E quella non solo ripulita fa un figurone. Ma il motore, prima titubante, inizia a scaldarsi.
E parte.
Con il suo centauro. Il suo benefattore. Il suo salvatore.
Al quale sarà sempre riconoscente.
E via.
Via, via, via.




"Chi me ne regala uno?"

"I don't ever wanna drink again...I just need a friend"

8.12.11

Semmai diventerò una fotografa, questo sarà il mio logo.

Questo, lo ha disegnato per me una ragazza alla quale insegno inglese.
China e acquerello.
Studia al liceo artistico, ha una passione per i manga, ed ha talento da vendere.
Durante le nostre lezioni, prendiamo il tè con biscotti, chiacchieriamo e ridiamo.
Lei mi ringrazia.
Ma sono io che ringrazio lei.
Studiamo storia dell'arte, e ogni volta non sono solo io che insegno a lei inglese, ma è lei che mi fa conoscere quadri fantastici.
E' adorabile.


2.11.11

Ho letto Carver a Fossano.

Questo è stato il mio primo incontro con Carver.
Stupendo.
Ho letto: "Vuoi star zitta per favore?", "Jerry, Molly e Sam", "Creditori" e "Limonata".
Non c'è bisogno che vi racconti io nulla di Carver, sicuramente lo conoscete meglio di me.
Aggirarmi nel "Carver Country" è stato confortante.
Un po' come tornare a casa.
O arrivare in un posto dove un vecchio amico ti aspettava per fare due chiacchere senza particolar motivo. Così. Per il puro piacere di essere vicino ad un nostro simile. Per non sentirsi così perennemente soli.
Frasi tipo:

"Rimase seduto lì con una scarpa in mano a guardare le golette attraversare il vasto mare blu della tenda di plastica della doccia."

"Si sentiva prosciugato, splendidamente vuoto."

Così rincuorante.
Leggerlo è stato facile come respirare.
Amo i racconti brevi, e il motivo lo spiega Carver stesso meglio di me:

«Adoro il salto rapido che c’è in un buon racconto, l’emozione che spesso ha inizio sin dalla prima frase, il senso di bellezza e di mistero che si riscontra nelle migliori storie; e il fatto…che un racconto si può scrivere e leggere in una sola seduta, proprio come una poesia»

E visto che ho letto questi racconti mentre ero in Piemonte per un week-end con "La Famiglia" ecco due foto.







29.10.11

"La Strada che va in Città" - Natalia Ginzburg

Ho letto questo racconto tutto d'un fiato.
Natalia Ginzburg è una scrittrice che leggo sempre volentieri. Le sono molto affezionata, essendo stata una delle mie letture notturne da adolescente spensierata.
Il libro è stato scritto negli anni '40 in un periodo di enorme mutamento sociale.
Ci sono donne che si lasciano manipolare e manipolatrici.
Delia si innamora di qualcuno ma finisce con qualcun'altro.
Ci sono tensioni in famiglia, è duro guadagnarsi da vivere.
Ma soprattutto, Delia, abbandona la casa natale che le sta stretta per avviarsi verso la città. La città che mai come adesso ha così tanto da offrire perchè sta cambiando così velocemente, proprio come Delia.
Personalmente, le trame nei libri mi interessano fino ad un certo punto.
Il modo in cui concetti, i pensieri, i sentimenti vengono descritti ha molta più importanza per me.
E la Ginzburg non delude. Tutt'altro.
Usa un linguaggio così schietto, franco e diretto. In poche parole, traccia piccoli schizzi di un gesto, di uno sguardo, di una breve conversazione creando immagini vividissime. Ho "visto" questo libro, nelle scene campagnole, come uno di quei sereni, placidi, rassicuranti quadri macchiaioli.
In alcuni punti il racconto è così sincero da essere quasi brutale.
E questo mi è piaciuto davvero tanto.

Visto che uno dei temi trattati è il contrasto tra campagna e città, qui ci sono due foto che ho fatto ai miei prozii che vivono su una collina qui vicino.
Sono autentici contadini. Gente che mangia la propria verdura, la propria frutta, i propri animali, gente che cura l'aia ben bene e la cui vita è scandita dall'alternarsi delle stagioni, delle varie semine o raccolti da fare, dalle marmellate o passate da invasare e gli animali da curare.
Non ce n'è più tantissima di gente come loro.
Io vorrei proprio vivere così.

















19.10.11

Ho letto Katherine Mansfield a Racconigi.

"C'erano soltanto barlumi, momenti, attimi di tregua, ma per il resto del tempo era come abitare in una casa che non potesse perdere il vizio di prender fuoco, come vivere su una nave che naufragasse tutti i giorni."

"Invece sono come un insetto che è volato in una stanza di sua spontanea volontà. Sbatto contro le pareti, sbatto contro le finestre, mi trascino sul soffitto, faccio di tutto, insomma, tranne che volarmene fuori."

«Bisogna sottomettersi. Non resistere. Accogliere il dolore. Essere come sommersi. Accettarlo pienamente. Farne parte della propria vita... Nella vita, qualunque cosa venga realmente accettata, subisce poi un mutamento.»

Non avevo mai davvero apprezzato la Mansfield fino ad ora.
Riscoprirla è stata una piacevole sorpresa.
E mentre leggevo "Alla Baia" ero qui in vacanza a Racconigi in camper.
E ho fatto qualche foto.